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La pineta magrebina 2 - Il parcheggiatore


di Membro VIP di Annunci69.it chupar
19.02.2024    |    10.313    |    10 9.1
""Ti piace troia? Stai a godere?" Qualcuno bussò alla porta..."
Ci fermammo all’esterno del baretto del lido a goderci la brezza marina. Aspettavamo amici che tardavano a venire. Poggiato al bancone, riconobbi il parcheggiatore della mattina. Fissandomi, sollevò gli occhiali da sole, poggiandoli sull'ampia stempiatura. Iniziò a farmi cenno con la lingua e con la mano per indicare evidentemente il pompino che avevo fatto ai tre. Fui preso dal panico. Per timore che si avvicinasse, arrivati i miei amici, dissi di avere un’urgenza e che comunque toccava a me prendere il primo giro di birre. Accostatomi al bancone le ordinai e chiesi alla signora di portarle al tavolo.
Mentre la moglie eseguiva la mia richiesta, il marito mi fece: “Come stavi a godere oggi co' gli amici tuoi…”
Impallidii, ma cercai di reagire: “Non la seguo...”
- "Se vere ca’ te ne intiende. Chi’o’ssape quante ne haie succhiati!? E poi...due insieme ind'o culo. Manco le peggio troie...”
Cercai di riprendermi e mi sembrava troppo ben informato per continuare a fingere: “Vuoi soldi?”
La moglie tornò al banco e lui si scostò da me. Non appena quella ci diede le spalle, l'uomo mi si accostò di nuovo: “Jamme int'o cess a parla’...”
Annuii e lui, rivolgendosi alla moglie: "Oh, faccio un servizio al signore e vengo".
- "Raffae', che servizio?" - chiese quella.
- "Dice che sta intasato o' cess!"
Chiusa la porta del bagno si diresse al cesso: "Prima devo cambiare l’acqua."
Non potetti non guardarlo, mentre pisciava. Moro, carnagione scura, occhi vispi, il classico maschio napoletano e, in quel momento, la cosa che mi faceva impazzire di lui era il culo: quante seghe mi sono sempre fatto davanti al pc sui video di ragazze che leccano un culo come quello, pelosetto, alto e piccolo.
Girò la testa e vide che lo guardavo e d’istinto sorrise. Non ce la facevo, provai a spostare lo sguardo, ma lo guardai ancora.
Raffaele, finito di pisciare, iniziò a scrollarselo. Continuó ad accarezzarlo senza dire una parola, ma con uno sguardo che era tutto un programma. Cosí, mi ritrovai con in mano il suo grosso uccello, sentendone l’odore misto a quello dell’acqua salata. Era bello, scuro e circondato da un fitto triangolo di pelo bruno.
Aumentai progressivamente la velocità e la potenza della masturbazione. Avrei voluto chiudere in fretta la faccenda. Gli piaceva essere pastrugnato, ma evidentemente non gli bastava. Infatti, si tolse la maglietta. Gli ammirai il torace villoso. Il pelo nero scendeva fitto fino all'ombelico per poi allargarsi a coronargli il pacco e i coglioni.
Mi poggiò le mani sulla faccia e mi accarezzò con un po’ di forza. Quindi, mi mise un pollice in bocca, che istintivamente ciucciai.
“Mo voglie fa fà pur'io nu bucchin!” - mi disse con un sorriso arrogante.
Anche se mi veniva da sudare freddo, replicai con grande calma: “Senti, ho la mia donna fuori. Io la amo e così mi metti nei casini..."
- "A te ti piace solo questo, secondo me!" - asserì, tenendosi coglioni e cazzo e agitandomeli davanti.
- "Facciamo domani mattina, dove vuoi tu!”
– "O’ sape quanto si zoccola?"
Capii il senso ricattatorio di quella domanda. Non potevo rischiare.
Con il costume tenuto dalle ginocchia divaricate, si tenne in mano il cazzo: "Vide pure ‘o pesce mio quant’è gruss?"
Standosene a gambe divaricate, il suo ghigno aumentò ed io non riuscivo a staccare gli occhi dal suo manico grosso, bruno e peloso.
- "Jamme...O saccio ca t’ piace a suga'...Che staje aspettanno?"
Misi le mani sulle sue cosce ispide, accarezzandole, salendo fino a saggiare la consistenza dei suoi glutei pelosetti. Sentivo quell’odore maschio riempire l'abitacolo del cesso. Lui iniziò a sbattermelo in faccia, mentre con la sinistra gli carezzavo lo scroto.
- “Bravo, accussì me piaci...Comincia da ‘i palle!” – mi disse, sicuro.
Lo sollevai e avvicinai le labbra.
- “Ciucciale nu poco! Famme vede' quanto s'i professionista!"
Uscii la lingua e cominciai a leccare l'asta, avvolgendola. Lo baciai ancora sulla cappella, poi sul tronco. Mentre con una mano lo tenevo sollevato, ricoprii l’asta di baci, fino ad arrivare allo scroto. Lo titillai con la lingua e lo leccai avidamente, sentendo i testicoli sobbalzare alle profonde slinguate. Risalii fin sulla punta del glande, lo baciai ancora e finalmente lo presi in bocca. Sentii che il corpo dell'uomo fu percorso da un brivido, mentre io davo una prima profonda succhiata, gustando finalmente a pieno quel sapore di maschio nella gola.
- "Sì, sì..."
Baciai, leccai e succhiai ancora quel cazzo ormai duro come il marmo, con le vene in rilievo e la cappella violacea a forma di fungo.
- “Succhia bucchina! Succhia bene! Metticce 'o 'mpegno!"
Ero eccitatissimo. Succhiavo, succhiavo, ci sputavo su e me lo rinfilavo tutto in bocca.
- “Te piace si te chiamm zoccole. E’ ‘o vere?”
“Mmmmm”, mugolai mentre mi strofinavo l’uccello nelle mutande.
Da lì in poi iniziai a pompare. La mia testa si muoveva su e giù mentre quello mi metteva una mano tra i capelli e m'accompagnava in quel movimento lento e sensuale. Il cesso si riempì dei suoi gemiti, io avevo una voglia assurda di toccarmelo. Divaricai le gambe, scostai le mutande e iniziai a sfiorarmi.
- "Brava, accussì. Famm scola' , brutta troia d'o cazz...”
Il cazzo gli era diventato durissimo. Lo sentivo fino in gola, mentre continuavo a spompinarlo. Secondo me, il desiderio di mettermelo dentro c'era, ma io lo volevo ancora assaporarlo e temevo il dolore di una penetrazione dopo ciò che avevo provato quella mattina. Così continuai a lavorarlo di bocca, ancora per un po’. Gli diedi due o tre energiche succhiate, assaporandolo voluttuosamente, sperando volesse godere. Solo allora ebbi il coraggio di alzare gli occhi per guardarlo in viso.
- "Bucchina, ti piaccio?"
Annuii con la testa e lui: "E allora leccami pure o' culo".
Si posizionò leggermente chino sul cesso. Non l'avevo mai fatto se non nei miei desideri pornografici. Lui, in un certo senso, mi rassicurò: "Sto pulito...".
Mi abbassai e quello si divaricò le chiappe. Era scuro, come la sua carnagione, e ricolmo di peli nerissimi. Ci infilai la lingua dentro e trovai eccitantissimo l'idea che stavo slinguazzando l'ano di un uomo.
Lui cominciò a masturbarsi, ma io non volevo perdere nulla di quell'occasione. Gli presi il cazzo da dietro, alternando lappate al culo, alle palle e al cazzo.
- "Che troia che sei, mamma mia!"
Si girò verso di me. Cominciai a segarmi lentamente e a succhiarlo con più forza per farlo eiaculare. Invece, Raffaele si staccò da me e m'ordinò di portarmi le dita tra le chiappe, di farle entrare e poi sentire il loro sapore: "Voglio guardarti mentre godi. Voglio che ti inculi mentre ti guardo".
Presi e toccarmi, usando un solo dito insalivato, come se stessi aspettando il suo invito che non tardò a giungere: "Ora due".
La verità? Avevo passato il pomeriggio con del giaccio sull'ano e mi ero cosparso di Luan per mitigare il dolore dell'inculata magrebina. Avrei voluto che m’inculasse subito, ma non ebbi il coraggio di chiederglielo anche per timore che un'altra inculata sarebbe stata fatale. Il porco, però, sembrò leggermi dentro. Prese la scatola di sapone liquido. Mi venne dietro e mi tirò una sonora sculacciata. Lasciò colare del sapone sulle pacche e sull'ano in gran quantità. Io, intanto, tenevo le mani sulle chiappe per tenermele larghe. Il parcheggiatore con la destra iniziò a massaggiare e spargere il sapone. Quindi, iniziò a masturbarsi e, con la sinistra, fece colare altro sapone sul suo cazzo.
Poggiò la capocchia al buchino. Diede una leggera spinta, ma forse ero ancora troppo teso per il rischio: "Vuo' ca t'e mette dinto? Sì? Zoccola! E dimmelo!"
Spinse per far entrare un po’ di cazzo.
- "Fai piano ti prego!"
L'uomo iniziò a spingerlo. Non so dire il bruciore che sentii.
"Fai piano un cazzo!" al che, quello mi rispose: "T'si fatto sfonda' dai marocchini e mo' faje storie giusto cu me?"
Si tirò leggermente indietro, per poi affondare. Spinse un altro paio di volte e, subito dopo, incominciò a prendere ritmo, inculandomi con esperienza. Piano piano cominciai a sentirmi riempito ed il piacere crescere come un’onda dentro il mio ventre. Raffaele iniziò a penetrarmi sempre più veloce. Sentivo dei rumori liquidi nel mio sedere, mentre il sapone liquido schiumava lubrificando il rapporto.
"Ti piace troia? Stai a godere?"
Qualcuno bussò alla porta. Era la mia fidanzata Francesca che mi chiedeva se andasse tutto bene. Il parcheggiatore affondò di nuovo ed io, per non guaire come una cagna, tossii.
Ripreso fiato, le risposi che forse mi aveva fatto male qualcosa che avevo mangiato in spiaggia quella mattina.
-“Amore, sarà stato il gelato!?”, affermò Francesca mentre quello ricominciava a stantuffare.
Francesca andò via, dicendomi che forse non era il caso di ordinare qualcosa anche per me. Risposi che aveva ragione e che li avrei raggiunti appena fossi stato meglio.
Mi staccai dalla presa: "Devo andare, o ci mettiamo tutti e due nei casini!"
L'uomo mi afferrò per i capelli e mi sputò sulla bocca un denso getto di saliva: “Allora famme sburra’!”
Con una spinta decisa mi entrò in gola come una spada. Mi tolse il fiato. Si fermò e cominciò a ritirarsi piano. “Che bella pucchiacca c'hai in bocca…”
Mi fermai giusto il tempo di togliermi la maglietta, I suoi occhi mi fissarono. Il suo viso era volgare, abbruttito.
Riaffondò. E poi ancora. Si fermò e riaffondò. E ogni volta perdevo un po' di più il controllo.
Non cercai più di respingerlo, non volevo che smettesse. Con un sorriso strafottente lo estrasse da me, si piegò, si avvicinò e triò fuori la lingua. Mi leccò le labbra, bagnandomele. D’istinto le schiusi, ma ricevetti solo una leccata umida e lunga, prima che ricominciasse a scoparmi la bocca.
Il suo orgasmo mi colse di sorpresa.
Rantolò, mi levò dalla bocca l’uccello, quasi strappandomelo dalle labbra. Iniziò a menarselo velocemente. Dalla cappocchia violacea iniziarono a schizzare caldi fiotti che mi colpirono il viso e le guance. A bocca aperta cercai di raccogliere al volo lo sperma e di passare la lingua sul glande che eruttava.
La maggior parte degli schizzi si erano riversati su di me, ma riuscii a bere un po’ di quella densa spremuta di coglioni.
Il parcheggiatore mi strofinò l’uccello sul viso, carezzandomi le guance e le labbra, spalmandomi sulla pelle lo sperma caldo e denso.
Appena smise, glielo afferrai e iniziai una lenta, accurata pulizia con la lingua. Gli leccai ogni centimetro, assaporando ogni stilla di sborra che raccoglievo, mentre sentivo sul viso e sul collo colare lentamente le gocce di liquido seminale. Mentre continuavo, rimaneva duro e caldo quasi come quando avevamo cominciato.
Finito, mi porse un rotolo di carta igienica e se lo rimise nel costume.
Prima di uscire, mi sbatté la mano sulla fronte: “Latrina, esci tra poco, no subito. Ci vedemme domani o’ parcheggio ca te spacche di nuovo, che ti voglio sburrà in culo. Se farai o’ brave, richiamo pure gli amici tuoi. Ah, vuoi sapere quanto vali per loro che mi hanno detto il fatto? Tre biglietti di autobus per la città.”
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